Reparto Milano 2 Tora-Ki
Il Campo Nazionale 2018 è stato sicuramente un’occasione unica per il nostro reparto di mettersi in gioco e confrontarsi direttamente con realtà distanti dalla nostra, sia dal punto di vista geografico che scout. L’esperienza che raccontiamo è quella che ci ha più colpito e fatto riflettere, non tutti i giorni abbiamo occasioni di questo tipo, e crediamo sia importante conoscere realtà diverse dalla nostra.
Il momento dall’hike di reparto è stato l’esempio più lampante di questo confronto: ci è stata proposta un’esperienza con alcuni migranti, ospiti della cooperativa Progest in una casa a Caluso, un paese nella provincia torinese, per conoscerne la vita e la realtà più da vicino.
La cooperativa è stata solo una tappa per noi e per il nostro percorso, anche se la più stimolante e preziosa. Prima della nostra partenza ci è stato raccomandato di avere delicatezza con gli ospiti e di non rivolgere loro domande dirette e invasive riguardo il viaggio verso l’Italia o il loro passato. Abbiamo compreso le motivazioni che c’erano alla base di tale richiesta e, una volta fatta questa osservazione insieme, siamo partiti per l’hike con la curiosità e la voglia di conoscere una realtà tanto diversa dalla nostra ma di cui, in qualche modo, avvertivamo la vicinanza.
Giunti alla casa siamo stati accolti dalle responsabili della struttura e dal gruppo degli ospiti e, come veri scout, abbiamo proposto di conoscerci con dei giochi di presentazione. In questo modo abbiamo rotto il ghiaccio con loro e l’invito a giocare insieme è parso subito naturale, sia da parte nostra che dei migranti, che in molti casi avevano quasi l’età dei nostri ragazzi e ragazze.
Nonostante l’iniziale timore dell’intero reparto a rivolgere domande dirette agli ospiti, con il passare delle ore e l’aumentare della fiducia reciproca, anche grazie al fatto di aver giocato insieme, pian piano gli stessi migranti hanno espresso la necessità di raccontare e parlare di come fossero finiti in un paesino del Nord Italia nonostante fossero nati e cresciuti in grandi metropoli africane, piccoli villaggi sabbiosi, o grandi capitali paludose ai confini dell’Asia. C’era chi preparava deliziosi tè marocchini e ci diceva dove si poteva comprare quella stessa polvere a Milano, chi rientrava in bicicletta dal lavoro e ci teneva a raccontarci cosa faceva, chi ci ha mostrato soddisfatto tutte le stanze della casa e intanto ci spiegava come venissero divisi i compiti domestici.
La cooperativa che si occupa della loro accoglienza li ospita nelle sue strutture e li inserisce nel tessuto sociale e lavorativo della zona. Molti di loro lavoravano infatti per le istituzioni locali, come il Comune, e dalle loro parole abbiamo scoperto che gli abitanti di Caluso li hanno sempre accolti calorosamente nella loro routine e nella vita comunitaria. La cooperativa li aiuta nel processo per ottenere i documenti e il permesso di soggiorno, insegna loro come fare la spesa, come muoversi con i mezzi dell’area, come usufruire dei servizi e delle infrastrutture locali e offre corsi di lingua italiana.
Ciò che ci eravamo detti prima di partire è risultato più vero che mai: dietro a quei volti, a quelle apparenze gentili e amichevoli, c’erano storie che potevano essere più o meno dolorose e che potevano essere motivo di disagio se non trattate col dovuto rispetto. Tuttavia, quelle che avevamo davanti erano persone, ragazzi, addirittura adolescenti, la cui interezza non poteva essere ridotta esclusivamente al ruolo di migrante, rifugiato, soggetto in difficoltà. Era necessario scavare più a fondo e lasciare che tutti gli aspetti della loro personalità e della loro storia andassero a formare l’idea che avevamo di loro e ciò non è stato difficile: con la spontaneità che li aveva caratterizzati sin dall’inizio, gli ospiti si sono raccontati al nostro reparto con naturalezza e sincerità, incuriositi anche da cosa volesse dire essere uno scout e ponendoci domande incuriosite a riguardo.
Alla fine della giornata eravamo tutti sullo stesso piano, e avevamo tutti qualcosa da raccontare e voglia di farlo. Dopo un pomeriggio di confronto e nuove conoscenze, in cui abbiamo potuto farci conoscere e conoscere delle persone tanto speciali, ci siamo rimessi in cammino, più stanchi di prima ma con tanta ricchezza nel cuore.
Siamo rimasti piacevolmente colpiti da questa esperienza e la sera riparlandone tutti insieme abbiamo espresso quanto l’incontro con queste persone ci abbia toccati: ci siamo sentiti talmente diversi da dei giovani che, nonostante avessero più o meno la nostra età, avevano condotto un’esistenza agli antipodi e ci ritrovavamo a condividere, però, prospettive di vita simili alle loro.